La Statua della Spigolatrice di Sapri

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Scritta da Luigi Mercantini, la Spigolatrice di Sapri è una poesia ispirata alla sfortunata spedizione di Carlo Pisacane avvenuta nel 1858.

Eroe Risorgimentale dell’Italia unita e precursore di Garibaldi, Pisacane sbarco’ a Sapri nel 1858 insieme a 300 uomini, con l’intenzione di motivare la popolazione del sud Italia ad unirsi a loro per separarsi dal Regno delle due Sicilie e realizzando il sogno dell’Italia unita.

Sfortunatamente, a causa del tradimento della gente del posto, Carlo Pisacane e i suoi 300 uomini furono uccisi dall’esercito Borbonico a Sanza, vicino Padula (“e dalla Certosa ai muri s’udirono suonar trombe e tamburi…”).

La Spedizione dei 300 viene raccontata e perpetuata ai bambini grazie alla poesia della Spigolatrice, un’invenzione del Mercantini che impersona una contadina, che nel raccogliere le spighe di grano, scorge il battello di Pisacane all’orizzonte e racconta le gesta (innamorandosene) di quel giovin ‘ Con gli occhi azzurri e dai capelli d’oro”.

Sono molte ad oggi le attività della città di Sapri per ricordare la Spedizione dI Pisacane, come la rievocazione storica dello Sbarco (in cui i sapresi impersonificano coi vestiti ad hoc i personaggi dell’Epoca), il Premio internazionale “Carlo Pisacane”, la borsa studio “Carlo Pisacane” o l’installazione di una nuova statua sul lungomare di una giovane donna, con un mazzo di spighe, intenta a guardare l’orizzonte, mirando il vapore con la “bandiera tricolore”.

Realizzata da un artista cilentano, la Spigolatrice rappresenta un ideale femminile le cui trasparenze hanno suscitato molti clamori, creando due fazioni: i favorevoli alle belle trasparenze della statua e chi invece è contrario invocando l’abbattimento della stessa in quanto un inno al “Sessismo”.

I clamori e la bellezza della statua sono arrivati alla ribalta mediatica e sui social sia a livello nazionale che internazionale (fino alla Cnn o alla Bbc).

E tu invece cosa ne pensi?

«Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Me ne andava al mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
“Siam venuti a morir pel nostro lido”.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?”
Guardommi, e mi rispose: “O mia sorella,
Vado a morir per la mia patria bella”.
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: “V’aiuti il Signore!”
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontrâr con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliâr dell’armi:
ma quando fûr della Certosa ai muri,
s’udirono a suonar trombe e tamburi;
e tra ’l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Eran trecento e non voller fuggire,
parean tre mila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa sangue il piano:
fin che pugnar vid’io per lor pregai,
ma a un tratto venni men, né più guardai:
io non vedea più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!»

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